Mostra Fotografica Arte Forte | Forte Pozzacchio
Fino al 23 settembre 2018
Per la rassegna Sentinelle di Pietra 2018, espone a Forte Pozzacchio Cecilia Gioria, in collaborazione con la galleria d’arte Giudecca795
“Sono ossimoriche le opere fotografiche di Cecilia Gioria.
Mostrano e, al tempo stesso, tolgono dalla vista. Svelano perché sono un autoritratto nel quale l’artista stessa s’immortala, ma, dopo aver riprodotto il proprio busto sulla carta fotografica, ha strappato il volto per ricucirlo poi con punti e spilli, senza restituire mai l’originale. Ne risulta un autoritratto che non fa più vedere il volto dell’autore, ma lo stravolge, lo rovina, lo scombina. Queste opere raccontano così un processo, piuttosto che fissare un momento. Non si tratta tanto di una ribellione contro la raffigurazione del reale, ma di una volontà di mettere in discussione il proprio io.
Cecilia Gioria è molto giovane (classe 1991), è nella primavera della sua vita e in questa stagione dell’anno le sementi iniziano a germinare sotto la superficie del terreno. È per guardare sotto la superficie che strappa la carta della foto. Vuole capire cosa c’è dentro di sé. Già più volte nelle interviste ha dichiarato questa intenzione, ma c’è un indizio in particolare che ci conferma questo. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima e lei ogni volta in maniera diversa lacera il volto, togliendo sempre un occhio.
Apre così una porta per penetrare nella propria anima e, quando richiude questa porta, riposiziona l’occhio in una posizione altra. Una volta innescato l’atto di guardarsi dentro, nulla è più come prima, neanche gli equilibri. Questa metamorfosi richiama anche i cambiamenti che avvengono quando si sta passando all’età adulta.
Nella primavera della vita erano i soldati destinati ad abitare il forte e ad entrare in guerra. Giovani che non hanno potuto aspettare il momento del passaggio, gettati a forza in qualcosa più grande di loro.
Negli autoritratti Cecilia Gioria chiude le braccia attorno a se stessa, forse in segno di protezione, forse invece per confermare il corpo come una prigione simbolica. Dal proprio corpo riesce a scappare Cindy Sherman, l’artista a cui Gioria dice di guardare. Sherman è famosa per i suoi autoritratti, nei quali non è mai se stessa, ma si trucca e si traveste per essere qualcun altro. Il processo di riflessione su se stessa testimoniato da Gioria in questi lavori si esprime anche attraverso l’uso della parola, presente, in maniera diversa, nelle otto opere della serie.
Non parole che lo spettatore possa cogliere, ma appunti di un’introspezione, di un passaggio, aspettando il momento per diventare qualcun altro.”